Il termine Prāna derivato dalla radice pra+an che significa respirare, inalare, è molto difficile da spiegare, così come tutti i termini sanscrito della Tradizione orientale, che tradotti perdono la loro pregnanza. Ci apprestiamo così, umilmente, a darne un’interpretazione indicativa che stimoli alla ricerca personale, la sola che possa soddisfare la nostra comprensione.
Il Prāna sottende diversi significati. La traduzione in “soffio vitale”, “respiro cosmico”, “energia vitale”, vuole indicare questa immensità che rappresenta.
Da una parte è la somma di tutte le energie cosmiche, è l’energia universale che agendo su “ākāśa” crea tutte le forme presenti nella materia. Il termine occidentale corrispondente a Prāna potrebbe essere energia, anche se non è esaustivo, per quello che noi intendiamo come energia. In oriente invece, tutto è manifestazione del Prāna (anche il pensiero) ed esiste in tutte le forme, così negli esseri viventi che nel mondo inanimato, nel cibo, nell’acqua, nella luce del sole etc. E’ quindi energia fisica, mentale, intellettuale, sessuale, spirituale; la luce, il calore, il magnetismo, la gravità e l’elettricità sono forme di prāna. E’ il primo motore di tutte le attività, è l’energia che crea, protegge, distrugge. A certi livelli rappresenta il Purusha stesso, cioè l’Essere nella sua funzione di sostegno del divenire e della trasformazione universale.
Dall’altra parte è anche il termine per indicare il “soffio vitale” che pervade il corpo e lo anima e che dura finchè dura la vita e svanisce al suo svanire. Designa perciò l’energia sottile che circola nel corpo attraverso le nādi (canali del corpo sottile), sebbene si manifesti esteriormente anche a livello grossolano, ad esempio il prāna nell’uomo si manifesta nella funzione respiratoria, ma il prāna non è la respirazione. In tale contesto corrisponde cioè al flusso mentale-energetico che trova espressione nell’attività dei vari organi.